martedì 3 luglio 2012

Yayoi Kusama - part 1



Cosa ci fa una signora di 83 anni in un coloratissimo studio di Tokyo con una parrucca arancione ed un abito rosso a pois neri? Cosa ci fa da lei Marc Jacobs direttamente da Louis Vuitton?



Lei si muove da una stanza all'altra su una sedia a rotelle ed è seguita come un'ombra dal manager Isao Takakura, che le fa anche da confidente, amico e fratello. Questa arzilla signora dipinge ad ogni ora del giorno e della notte, sia nel suo studio in città sia nella clinica psichiatrica nella quale si è ricoverata volontariamente nel 1977. 


Lei è un’icona contemporanea e la regina dell’arte moderna. Lei è la donna dei pois, dei cerchi, delle zucche, dei colori fluo e delle forme strane ed è stata alle feste di Andy Wahrol alla Factory (si, si è anche drogata..).



Questo è uno dei miei post più elaborati e più sentiti, nato da un vero colpo di fulmine scoccato sabato pomeriggio mentre leggevo pigramente Elle su una sdraio in piscina.

Lei si chiama Yayoi Kusama, lei è spesso sotto psicofarmaci in un suo mondo parallelo e questa è la sua storia.

«Devo parte della mia creatività alle medicine che prendo»


Yayoi Kusama è nata in Giappone nella città di Matsumoto il 22/03/1929. Nel 1942, un anno dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbor, iniziò a studiare la pittura Nihonga, uno stile di grande rigore formale sviluppatosi durante l’era Meiji (1868-1912) per contrastare l’influenza indiscriminata dell’arte occidentale, infondendo nuova vita alle tradizioni della pittura giapponese e mescolandole con elementi di derivazione occidentale. Nel 1944 la classe di studenti di cui faceva parte fu reclutata per lavorare nelle fabbriche tessili militari. A causa delle dure condizioni lavorative Kusama si ammalò e fece ritorno a casa. Durante la lunga convalescenza sviluppò le sue capacità artistiche, raffinò le sue tecniche di illustrazione e coltivò la sua sensibilità estetica e politica.



Nel 1958 si trasferisce a New York attirata dal potenziale sperimentale della scena artistica dell’epoca. Qui, grazie a Warhol, ma soprattutto all’LSD, venivano organizzati i party più geniali di tutti i tempi. 





Nel 1959, quando era ancora una giovane artista che stentava ad affermarsi a New York, Kusama creò i primi, stupefacenti dipinti della serie Infinity Net: grandi tele lunghe anche dieci metri, interamente ricoperte di ritmiche ondulazioni di piccole pennellate circolari e spesse.


Infinity Net - 1967

Infinity net 1957

Il paradosso filosofico di questi lavori – e cioè che “l’infinito” possa essere inserito all’interno della cornice di una tela – insieme alle implicazioni soggettive ed ossessive della loro creazione, li distinsero dall’astrattismo minimalista che avrebbe dominato la scena artistica locale parecchi anni dopo. La sua prima esibizione importante a New York fu presso la galleria Stephen Radich nel 1961 e fu accolta con grande entusiasmo dalla critica. 





In questi anni Yayoi venne colpita da una grave ricaduta nervosa che le impedì di dedicarsi a lavori così minuziosamente dettagliati. 


Pertanto, proseguì il suo percorso artistico sviluppando altri filoni tra cui le soft sculptures falliche Accumulation (1961-1962), Sex Obsession (1962-1964) e Compulsion Furniture (1964). Le sue opere falliche sono bellissime, realizzate quando negli anni ’60 recuperava per strada materiali con l'amico Donald Judd e poi li lavorava, spesso ricoprendoli di falli di stoffa: identità snaturate, contraffatte, abitate, come le persone corrose dai propri pensieri. 

Accumulation - 1963

sex obsession
sex obsession

Successivamente queste opere vennero inserite in ambienti sensoriali a grandezza naturale e nelle le prime ingegnose infinity rooms come Floor Show (1965), che realizzò utilizzando specchi. 

floor show - 1965

Alla Biennale di Venezia del 1966 si presentò con l’intento di attirare l’attenzione sulla difficoltà della produzione di valore artistico all’interno del complesso sistema che coinvolge governi, curatori, collezionisti, commercianti e critici. L’installazione presentata con l’assistenza di Lucio Fontana, Narcissus Garden, consisteva in 1500 sfere riflettenti sparse direttamente su un tappeto d’erba sintetica posizionato di fronte al Padiglione Italiano nei Giardini presso il Palazzo delle Esposizioni (curiosità: per sottolineare gli aspetti commerciali, ogni sfera venne venduta a 1.200 lire).



to be continued.... 

3 commenti:

  1. Uno stile troppo borderline per i miei gusti.

    Buona giornata!

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    Risposte
    1. Sì, in effetti è un po' estrema, ma trovo bello spingersi a volte al di là del proprio senso artistico, si scoprono cose interessanti :-) baci

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  2. estremamente alienata,sa ricreare pensieri e lati inimmaginabili della sua psiche. Vedo corpo e anima nelle sue opere, mi ispirano fortemente. io l'adoro <3

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grazie per il tuo intervento, è prezioso per me!

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